GlobeTrotter - Diari di Viaggio

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Panama, il Diario di Viaggio

Finalmente a Panama. Una notte trascorsa all’aeroporto di Londra, perquisizioni di ogni tipo e più di 40 ore di viaggio. L’emozione è forte quando saliamo in cima alla terrazza dell’Hotel Caribe: una vista mozzafiato. La città appare come una collana di grattacieli che cinge la riva dell’oceano; alla fine della baia si intravedono perfino le sagome degli edifici coloniali del quartiere più antico, il Casco Viejo.

La mattina del primo giorno non resistiamo alla tentazione di fumarci una sigarettina davanti a questo panorama, ma nemmeno il tempo di dire “finalmente vacanza!” che inizia a “scravassare” (per i non veneziani significa che “viene giù che Dio la manda”). In meno di 30 secondi una vera pioggia tropicale ma, d’altronde, cos’altro aspettarsi visto che siamo nel pieno della stagione delle piogge? Qui non si sa mai né quando arriva né quanto dura; l’unica cosa di cui si può essere sicuri è che può succedere in qualunque momento. Asì es (è così!). Casco Viejo

Il nostro primo approccio con Panama comincia con una passeggiata lungo le vie del Casco Viejo, ossia la città ricostruita dagli spagnoli dopo la distruzione della prima città da parte del pirata Henry Morgan. Molto intrigante con le sue case di diversi colori più o meno in rovina. Proseguiamo lungo l’Avenida Central di Santa Ana, un quartiere popolare brulicante di negozietti e venditori di strada. Qui la gente si inventa ogni tipo di lavoro per sopravvivere, i vestiti non costano mai più di 5 dollari e i taxi al massimo due. Per questo non abbiamo ancora vissuto l’esperienza di salire su un diablo rojo, cosa che è davvero un’impresa: sono guidati da pazzi che, tra slalom e sorpassi da tutte le parti, sfrecciano nel traffico a velocità da Formula Uno. Con la musica sparata a tutto volume, sono considerati dei musei d’arte urbana ambulanti, pieni di disegni inverosimili, dove Gesù è affiancato da Madonna (la pop star).

La città di Panama è davvero un bel posto; quasi non viene voglia di proseguire il viaggio ma, dopo qualche giorno, decidiamo di partire per l’arcipelago di San Blas dove veniamo accolti dalla comunità indigena dei Kuna. Queste splendide isole coralline della costa caraibica formano un arcipelago di 365 minuscoli fazzoletti di terra su cui crescono unicamente palme da cocco che, da sempre, assieme alla pesca, rappresentano tutto ciò di cui i Kuna vivono. I Kuna, infatti, nascono come popolo di pescatori che, per sfuggire alla dominazione spagnola, si rifugiarono in queste isole dell’Atlantico per vivere secondo le proprie leggi e tradizioni, immutate da secoli, e valide anche per chi viene come semplice visitatore.

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Kuna

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